L’editoriale di oggi di AIFA è dedicato alla Giornata Mondiale delle Malattie Rare e all’importanza del coinvolgimento dei pazienti.
“Show your rare, show you care” – “Mostra che ci sei, al fianco di chi è raro” – è il claim ufficiale dell’undicesima Giornata Internazionale delle Malattie Rare che si celebra oggi in tutto il mondo. La Giornata è promossa da Eurordis, l’Organizzazione Europea per le Malattie Rare che riunisce 762 associazioni di pazienti in 69 paesi diversi, e che promuove il Programma Rare Barometer, iniziativa volta a condurre indagini per tradurre in cifre le esperienze dirette dei malati rari, a beneficio dei decisori e della ricerca scientifica.
La giornata di oggi rappresenta una chiamata globale diretta a policy makers, industria, operatori sanitari ma soprattutto rappresentanti del mondo della ricerca, affinché diano voce ai 300 milioni di malati rari del mondo e sostengano la ricerca che i pazienti per primi contribuiscono a favorire, attraverso la loro partecipazione attiva e la costante attività di networking.
L’ultima indagine di febbraio 2018 misura proprio il livello di coinvolgimento dei pazienti nella ricerca clinica sulle malattie rare: i risultati saranno di aiuto per individuare meglio priorità e obiettivi delle sperimentazioni e soprattutto i possibili ostacoli da rimuovere per favorire la maggiore inclusione dei malati rari nella ricerca scientifica. Uno dei principali risultati riguarda proprio il numero dei malati rari che hanno preso parte ad almeno un progetto di ricerca nella loro vita: solo il 37%, di cui il 18% per sviluppo di nuove terapie e il 15% per indagini sulla qualità della vita. Si rilevano differenze di genere da colmare, le donne sono sempre meno rappresentate negli studi, nonché discrepanze a livello geografico nell’accesso alla ricerca. L’Italia per fortuna si attesta al quarto posto tra le nazioni con il più alto tasso di partecipazione di malati rari a progetti di ricerca per sviluppo di nuovi trattamenti, terza in Europa dopo Germania e Olanda.
La principale motivazione che spinge i pazienti con malattie rare a prendere parte alla ricerca clinica è la possibilità di contribuire al progresso scientifico a vantaggio della comunità, ma ovviamente anche di ricevere nuove opzioni di trattamento. L’instaurarsi di un rapporto di fiducia con i ricercatori è il fattore fondamentale che contribuisce alla soddisfazione del malato raro che partecipa ad un progetto di ricerca, così come l’essere seguiti da vicino e con regolarità dal team di ricercatori.
Il gap da colmare, secondo i pazienti, è quello degli investimenti: benché nelle ultime due decadi si sia assistito ad un sostanziale incremento della ricerca nelle malattie rare, resta ancora molto da fare per promuovere il coinvolgimento di popolazioni più ampie nelle sperimentazioni cliniche e per un maggiore coordinamento degli studi sulle stesse patologie. Riuscire a coprire tutte le 6.000 malattie rare è una sfida ancora aperta.
Potete leggere l’intero editoriale dell’AIFA al seguente link